Mente a dieta

Mente a dieta

“Siamo” organismi corpo-mente.

Se metti a “dieta” il corpo – e non intendo il materialismo delle diete dimagranti che ti trattano come se fossi il corpo e solo quello – anche la mente tende a entrare in dieta. Il volume dei pensieri tende a sgonfiarsi, il processo mentale si fa più chiaro, la qualità cognitiva si trasforma. I pensieri lamentosi tendono a trasformarsi in pensieri grati – anzi in gratitudine. Allora senza ricercarlo, apprezzi ciò che vedi, che sperimenti, la realtà, quella che vivi, nel momento.

È in questo senso che parlare di dieta è inadeguato, parziale. Si tratta piuttosto di stile e qualità della vita.

L’approccio a partire dal corpo funziona in modo diretto per chi è più fisico, radicato nella corporeità.

Anticipo che è fondamentale imparare a osservare i pensieri e pur tuttavia non intendo sposare nessun speciale dominio della mente sul corpo e viceversa, sono intimamente correlati. Nella mia esperienza, se ti rivolgi totalmente a una dieta della mente (per es. in un ritiro di mindfulness) – puoi prendere atto per es. dell’ingestione meccanica di una certa dose di pensieri più o meno negativi come accade nutrendosi principalmente di cibi pesanti e acidificanti. Così come in casi d’indigestione è possibile trovarsi spontaneamente ad accantonare, almeno per un po’, certi cibi congestionanti, lo stesso può accadere per la mente e l’opportunità di sospendere pensieri egualmente intasanti.

Del resto se cominci a decongestionare la mente attraverso la pratica di mindfulness e continui a portare i soliti ingredienti congestionanti in tavola può darsi che prima o poi il corpo chieda il conto, chieda allineamento. Lo fa parlando attraverso i sintomi, i disturbi, i diversi tipi di gastrite… E allora, magari ti allinei, come un seguire inevitabile e… spontaneo.

Certo, visibilmente, appare più praticabile agire sul campo grossolano della materia dove basta cessare di portare in tavola per un po’ quel delizioso formaggio grasso piuttosto che rinunciare all’abitudine di farsi qualche grasso e piccante pettegolezzo su i difetti di questo o di quello, qualche succolento lamento sulla situazione, qualche critica agrodolce su se stessi. Qui ci vuole mindfulness, appunto. Mettere a dieta la mente.

Mindfulness richiede un’attenzione bipolare, attenzione a ciò che fai, pensi e senti. Attenzione contemporanea all’interno e all’esterno, per capirsi. E questa è la nostra risorsa più grande, di esseri che hanno sviluppato a livello evolutivo quella parte nuova di cervello che gli animali non hanno.

Se ne leggono di liste di cibi che acidificano dimentichi del fatto che certi tipi di pensieri e di emozioni sono altrettanto e altamente acidificanti, in modo diretto e senza il filtro dell’apparato digerente. Un sangue acido del resto stenta a liberare il buon umore e può essere d’aiuto togliere degli alimenti e inserire nella propria alimentazione quotidiana un ingrediente alcalinizzante per notare più leggerezza e meno seriosità di fronte agli eventi della giornata. E magari più voglia di mettersi in moto e respirare profondamente.

Da solo l’approccio corporeo resta parziale e prima o poi chiamerà all’appello il mentale e viceversa.

Non è un caso che un risvegliato, Dogen Zenji – antico maestro zen – si sia scomodato a scrivere un breve trattato per il cuoco della comunità. Scegliere accuratamente gli ingredienti per la colazione del mattino era altrettanto nobile che sedere in zazen (pratica di mindfulness). Anzi tali ingredienti e l’attitudine con cui erano cucinati erano fondamentali al sostegno della pratica. E i monaci facevano lunghi viaggi per procurarsi i funghi shitake, il fungo che “brucia” il passato (e i grassi che ristagnano nelle arterie) supportando la quiete del presente.

Ciò che accade con l’approccio dietetico classico è la tendenza a dichiarare questo e quel cibo dannoso in assoluto, piuttosto che un alimento da accantonare ora poiché il corpo lo richiede. Lo stesso può accadere con i pensieri, e l’attitudine a giudicare ciò che affiora come sbagliato, e qui stiamo già cavalcando il pensiero piuttosto che lasciarlo andare e vederlo correre senza briglie. Il giudizio imbriglia il pensiero come un cibo saporito ritenuto malsano in assoluto imbriglia il desiderio di mangiarlo. Il pensiero imbrigliato resta e l’indulgere su quel cibo anche.

Ora come ora di letteratura sugli alimenti e sulle diete ce n’è a bizzeffe e i funghi shitake magari te li ordina il dottore all’avanguardia.
Più raro è che lo stesso dottore ti suggerisca di mettere a dieta la mente

evento correlato: >>cibo eros mindfulness – nutrirsi con consapevolezza

pagina correlata: >> meditazione&mindfulness

Comments

comments