Riflessioni sul perdono

Riflessioni sul perdono

L’adagio del perdono, l’ultimo trend della frontiera dello spirito. Il tormentone n. 2, dopo quello n.1 dell’ama te stesso.

La domanda primaria resta: conosci davvero questo te stesso che pretendi di voler amare e che dovrebbe elargire il suo perdono? A livello esistenziale intendo, non intellettuale.

Altrimenti, come accade, è un narcisistico ripiegare sulla personalità e il perdono diventa uno dei suoi trucchi fantastici, ammantandosi di spirituale senso d’innocenza e di purificazione dall’ego. Osserva, ma quanto caspita di forza conferisce a quel fantomatico mio io il sentirsi nel giusto, dal quale far scendere il perdono? Il perdono non può essere un atto voluto, auto-preteso. Se lo è, è altro.

Infatti si chiama per-dono. Accade. Ed accade nei confronti delle pretese che avanziamo su noi stessi, compresa quella che sia dovuto il perdono e che dobbiamo perdonare.

Quando sono, sono quella pienezza dell’essere, sono anche perdono: nessuno che elargisce niente.

In quell’apertura la necessità di perdonare è già caduta. Altrimenti può diventare pericolosa.

Voler perdonare a tutti i costi è infliggere a noi stessi e agli altri il divieto di essere, di essere perdono, anche.

>La prima pratica d’amore è conosci te stesso. Amare è la seconda.

> qui un altro mio breve articolo sul perdono

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