Omelia

Omelia

Sul corpo addomesticato

Libera o Signore, la donna, dall’obbligo di produrre orgasmi, finti e veri.

Di autoprocurarseli o volerli procurare.

Anche questo fa parte del gioco, come la necessità del parto procurato o per procura, dicesi cesareo e cesareo programmato.

Tuttavia solo la comprensione che l’orgasmo come il parto (e la vita tutta, qui tuttavia sorvolo) sono eventi involontari permette loro di sprigionare l’estatica magnificenza della sostanza divina, con essa fusi e testimoni della fusione.

Liberaci o Signore, donne e uomini, dalla tentazione d’intervenire, eccitare per accelerare – in senso letterario manomettere – l’orgasmo che è pura benedizione poiché è dono.

Quella dell’orgasmo è diventata una mania che ha assunto una falsa potestà.

Stupitevi dell’altro, meravigliatevi del mistero dell’accoppiamento, apritevi con riverenza all’intelligenza e al mistero degli organi sessuali, cogliete la vibrazione della vita nei corpi, la possenza divina della materia e la bellezza, la bellezza, la bellezza di dio nell’altro. E se l’orgasmo arriva benvenuto, altrimenti non perdetevi tutto il bello che accade nel frattempo, compresa la comica necessità di farlo accadere.

Nell’amplesso, occhi negli occhi, in piena luce, assaporate il vero senso della preghiera, la lode all’altro che è dio e adorate la madonna – la donna madre – nel corpo della donna.

Chi ha detto che la madre è solo santa? Luoghi comuni che ci pongono in conflitto e in pretesa con la nostra di madre. Spesso pretendiamo che lo sia, santa… La vogliamo dolce, moderna, comprensiva, telepatica, supportiva, presente quando fa comodo e assente quando fa comodo, questo e quello… Come se potessimo arrogarci il posto del Creatore, che l’ha fatta proprio così com’è e come è stata.

Abbiamo molto rimpicciolito il nostro senso del sacro.
Vi dice niente questo aspetto della madre? Quello della madonna nera, caotica, primordiale – medusa e arpia – corrosiva, furente, selvaggia, posseduta dalla vita, dall’evento possente della creazione e del parto, fremente di estasi orgasmiche, tagliente, asciutta e calcinata, amorale, con gli occhi ardenti distruzione…

Si stenta ad accettare che siamo usciti non dal suo cuore puro, non dai suoi occhi dolci, non dalla sua bocca ridente ma dalla quella nera voragine animale irta di peli e di sangue, in preda a convulsioni involontarie.
Se ci è andata di lusso.
Le doglie si possono assecondare non procurare.
Lo si fa, artificialmente però. Si tenta di ammansire quella parte scomoda – della posseduta dalla vita, nello struggimento e nella selvatichezza – quello spettacolo fuori misura, rinunciando al gioiello che contiene, agli ormoni dell’amore, alla vita-tutto incluso.

Allo stesso modo tendiamo ad addomesticare l’orgasmo – come se dipendesse dal nostro fare – a farlo accadere con più o meno o deludente successo. La donna conosce questa delusione, anche se non ne è cosciente. E continua a sentirsi incompetente, quando quella competenza è organica.

Eppure a lei sta il governo, quello dell’amore e degli ormoni dell’amore. È finito il tempo di affidarlo al maschile (in sé e dell’uomo), alla medicina, alla civiltà. Un comando evoluto e conscio di sé anche grazie a questo affidamento.

“La donna ha imparato a fare l’amore dall’uomo, che non lo sa fare” Barry Long

Libri consigliati: Le funzioni degli orgasmi

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