Ansia e depressione nel dopo virus

Ansia e depressione nel dopo virus

Sembra che i più spingano a ripartire, ripartire da dove ci siamo fermati.
Io non posso giocare a salto in lungo. Non mi è dato. Nel dove eravamo c’era il seme del disagio che abbiamo vissuto e stiamo vivendo come possiamo pensare di poter ripartire seminando gli stessi semi d’impazienza, sgomitate e competizione? Le stesse credenze limitanti?

C’è stato un momento all’inizio dell’emergenza e dei domiciliari in cui ho sentito lo sforzo organico, la tensione nervosa dell’incertezza nel funzionamento corporeo, una sorta di straziante tendersi della fibra fisica per tenere insieme una definita certezza.

Un allungarsi di elastici per contenere il rovescio di ciò che stava accadendo. Quel senso di attrito, di attaccamento, ha trovato spazio per esprimersi, come le sfumature cupe di un tramonto in un cielo tempestoso. Cupezza, paura, ansia, derive depressive si alternavano in quel cielo tempestoso all’avvicinarsi della notte. Fino a quando?
Fino alla prossima alba.

Ecco, mi sono detta, non posso frenare un tramonto e neanche accelerare un’alba. Posso tuttavia ri-stare come cielo che ospita lo spettacolo di entrambe. Ansia e depressione non sono benvenute ne allontanate qui, vanno e vengono.

ANSIA e DEPRESSIONE
In questo tempo a supercarica ansiogena e depressiva mi sono chiesta come dare una mano, partendo da zero, oltre i miei progetti specifici.
In un “mondo ambulatorio”, dove è intuibile viversi in una sorta di sala d’attesa del prossimo protocollo, è facile rafforzare la credenza che lo stress sia una disgrazia, una malattia, una deprecabile carenza. E se lo stress fosse invece una risorsa?

Il segnale di una misura colma, quel momento auspicabile in cui non c’è più energia per dare credito a certi pensieri snervanti? Una salutare pressione a tornare all’ ascolto del corpo e all’ indagine di quei pensieri ossessivi?
Poiché non è il mio essere che è stressato, sono i pensieri a essere stressanti ed è quella mente psicologica a cui concedo una falsa potestà a togliermi ossigeno, ad essere depressiva.

Come sarebbe se questo stress fosse vissuto come trampolino per conoscere il mio funzionamento, per accedere a una nuova e ben posta prospettiva?
Dobbiamo cominciare mettendo in discussione quel serbatoio di credenze collettive che mi attribuisco, di cui mi prendo il merito e il demerito.

Da parte mia, volentieri mi metto a disposizione, per accompagnare questo spostamento di sguardo, in qualità di pedagogista e educatore per adulti.
A donazione per chi non può.
On line via zoom o dal vivo, nel rispetto delle normative, presso il Centro di Ricerca Ky, Cesena.
Wzappa a 340 7880612 o scrivi a info@elsamasetti.it

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