Educare l’uomo all’amore

Educare l’uomo all’amore

A riflettori spenti, prendo le distanze dal termine femminicidio

Le scuole pubbliche – non sono scuole.  Quasi tutte.
Sono “addomesticatoi” al politicamente corretto.

Son crogiuoli per amplificare il “corpo di dolore” di bimbi troppo piccoli, che dovrebbero essere tenuti fuori dalle vicende dei grandi e dalle loro morbose manipolazione.

Confido nel discernimento individuale di qualche maestra e insegnante, che abbia preso le distanze da un attuale e richiesto – finto – alzabandiera di sdegno sociale, copertina ipocrita su i veri massacri, in onda altrove.

E mentre – nel vivere manifesto – l’abisso tra uomini e donne si amplifica su reti unificate, puntano ancora e di fatto ai bambini – con la scusa dell’educazione – sacrificati sull’ara dei benpensanti.
Lasciate fuori i bambini. Ce ne sono che non hanno neanche la tv.

Di omicidi, ogni tanto, ce ne sono stati, ce ne sono e, temo, che ce ne saranno ancora.
“Sacrifici umani” in nome di una educazione manipolata – che è indottrinamento – accadono tutti i giorni.

Prendo le distanze dal termine “femminicidio” inventato, come il vibratore, da mani e da logica maschia, quale contentino e mezzuccio sedante. A quale prezzo? La sensibilità, nell’alveo vaginale e nell’area del cervello relativa.

Inneggiate donne emancipate alla perdita di sensibilità diffusa in quell’organo benedetto. Cercate ancora di adeguarvi ai modi del maschio per rimediare – per meglio servire la vostra di soddisfazione ma sotto sotto ancora la sua – alle novità del dearmoring e dello squirting.

Sputate ancora sulla natura nobile del principio maschile, del principe azzurro – rifiutandovi di educare l’uomo all’amore, sì – educare l’uomo all’amore – e facendo tutto da sole, come nella canzone di Gaber.
(“Mi son fatto tutto da solo, mi son fatto tutto da solo, mi son fatto tutto di merda”).
Non è forse azzurra la pelle di Shiva e il mantello degli antichi cavalieri? –

In questa danza apparente onoro il nobile principio maschile, vivo nell’uomo e in me, nell’esistenza, nel quotidiano – il principe azzurro, dove principe è titolo di nobiltà dello spirito.

Il mito non è la fantasia borghese di Disney che abbiamo capito a cosa punta. Indovinate?

Il drago è la meccanicità testosteronica nel maschio, nobile e tuttavia cieca, che aggredisce, martella, preda.
Non volete l’uomo dai nobili principi che lo sfida, lo “domina”?
Allora beccatevela quella meccanicità e zitte, mie care donne.
Punto e a capo.

Ops! Una piroetta?
PS: E basta parlare di tantra a sproposito! Giusto perché non si sa come portare una trom..ta a casa.

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