La Nascita

La Nascita

Si attende e si festeggia, in questi giorni, la Nascita.  Ci dicono che sia la nascita del Bambin Gesù.
Una nascita divina, così si dice. Ed è anche vero che è tempo di nuova nascita, quella della luce. Da oggi, pian piano un pelo in più, la luce comincia a risalire la china. Fino a mettere il suo capino fuori, raggiante sull’oscurità. Come il semino, come il bambino. Ogni volta, un nuovo successo, il trionfo della vita.

Quello di nascere, tra i nostri successi, è il fondamentale, il primero, il prezioso, il privilegiato, tanti pri-pre, che la lingua nella sua sonorità generosamente ci dispensa per dirci che viene prima, prima di ogni altro atto, crescita, amore, rinascita. Nascere non è scontato, dovuto, banale, è l’iniziazione essenziale. Un grande dono. Il corpo nasce, venendo alla luce si dice, alla vita. La Vita(la luce) invero rinasce, utilizzando il corpo come veicolo. E io sono quella, sa il bambino senza saperlo, ancora in fresco contatto con la Sorgente della Vita.

Giorni fa stavo giusto leggendo un bellissimo >libro, sulla nascita e l’evoluzione dell’uomo, una visione medico-scientifica dolce, divulgativa e al contempo rigorosa, di chi per più di un cinquantennio ha assistito l’atto del nascere. Che preziosa testimonianza!

C’è un momento molto particolare, prevedibile nella sua forza primigenia eppure (o per questo) inibito; un momento potente e fulmineo, quello in cui il neonato, nel parto vaginale, viene spinto fuori dall’ultima vigorosa e tenera contrazione. Terreno di accesso spontaneo per la madre – in condizioni naturali – a uno stato di amore trascendente.

Quel momento pare, è, quasi, in ogni tradizione, popolo e cultura (di un tempo e di ora), disturbato. In quel momento, se le condizioni sono favorevoli e libere da qualsiasi rumoroso e invasivo intervento esterno, madre e figlio s’incontrano e si riconoscono. Pochi attimi, in cui il legame d’amore naturalmente emerge, sostenuto da una produzione organica abbondante di ossitocina, l’ormone dell’amore, che è timido, riservato e teme gesti, rumori, luci plateali.

In quei pochi attimi si gioca la capacità di aggressività, di amore e in gran parte di salute del nuovo nato.

Tanti e stimolanti gli spunti. Per es. l’importanza del cervello primitivo, arcaico, nell’atto del partorire. Ecco, un bue e un asinello, sarebbero, empaticamente, l’ideale, al posto di un personale indaffarato e vociante, che si anima di buone intenzioni affinché buttarsi sul bambino appena nato, staccandolo dalla madre.

Festeggiamo, in questi giorni, la nascita di qualcuno o qualcosa, là fuori nella storia, ed è a rischio l’atto della nascita comune, quel sacro e involontario momento, il senso dell’accogliere un’incarnazione unica e irripetibile della vita e del divino – poiché “quello”(in corsivo) è tuo figlio – non solo un numero tot che vada ad impinguire i successi della medicina moderna.

Ci sono voluti anni di studi e di medicalizzazione – sostiene l’autore – per riconoscere definitivamente quale sia il bisogno immediato dell’appena nato. Indovinereste?
La madre.
Sembra che ci vorrà ancora del tempo per riconoscere i bisogni fondamentali, le condizioni naturali della partoriente, la madre.

Perché vi racconto questo? Poiché nascere è una Grande Opera e il Natale è, nel rumore e nel luccichio, lì per ricordarcelo.

Ti auguro, questo Natale, di celebrare la tua nascita, quella della tuoi cari, dei tuoi figli con lo stesso riguardo, attenzione, cura che, in caso, avresti per il bambin divino.
Celebrare la nascita è festeggiare il nuovo trionfo della vita, della luce e, in breve, ciò che intimamente sei.

 

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