La relazione duratura è un dono

La relazione duratura è un dono

Mi riferisco qui alla relazione amorosa.
Lo è, un dono, nel bello e nel brutto. Che io sappia, qui, su questo piano, non prendo l’uno senza l’altro.

Chi non è in una relazione duratura, magari la sta cercando. È un desiderio comune, per quanto tentiamo di negarlo. Poiché la relazione – in tutte le sue forme – è un processo di auto-svelamento.

Una relazione duratura, spesso immaginata e re-immaginata come “amorevole”, non mi rende migliore né peggiore, per dirla con Bert Hellinger, anzi, riportando le sue stesse parole da un seminario: “essere nell’amore non fa né migliori né peggiori”.

Vent’anni+1 di convivenza ravvicinata – e qui parlo del mio quotidiano – sono testimoni di armonia e disarmonia, poiché anche quest’ultima è parte di un’armonia più grande.

Nella mia limitata esperienza una relazione duratura non è “costruibile” e, in nessun caso, le separazioni, i conflitti e quant’altro, rappresentano un fallimento. Possono essere vissute come un fallimento e tuttavia le costellazioni familiari, sono lì per fare luce sul fatto che non c’è alcun “fallito”.

Le costellazioni sono di grande aiuto in questo: l’indebolirsi delle recriminazioni, la fine del puntare il dito sull’altro in una separazione, del sentirsi così importanti da credere di essere i fautori, nel fare e disfare. Questa è la Grande opportunità, alla fine, delle costellazioni familiari.

Va da sé che l’abitudine a recriminare non cade in un attimo (oppure sì). Si apre tuttavia un nuovo orizzonte, dove l’”energia dell’abitudine” quale eredità dal sistema familiare, dagli antenati, ha meno presa.

Quello stesso “movimento più vasto” – quell’Amore impersonale – che ci ha fatto incontrare, nel bene e nel male, è lo stesso che spinge alla dissonanza, alla separazione, se è data.
Il nostro amore si rivolge a Quello e, al contempo, all’altro.

La relazione amorosa, in ogni caso, resta una delle opportunità comuni, ordinarie di “apprendimento”, di amore, di consapevolezza, d’indagine di sé. Questa è comunque la sua forza.

Mi accorgo della mia stessa tentazione di voler psicologizzare lo “strumento sistemico” delle costellazioni familiari, di renderlo un approccio progressivo, correttivo, “costruttivo”, normalizzante.

È oltre e altro. Le costellazioni rappresentano di continuo, quando in atto, la rinuncia alla mente psicologica.

Più che acquisire qualcosa di meglio e di più, mi mettono di fronte a ciò che si manifesta oltre la mia storia a proposito. L’approccio sistemico riesce quando non necessariamente punta al meglio ma al vero.

Comprendo che un compenso – e ogni prestazione lo esige – richieda un risultato. E quel “risultato” si affaccia, tuttavia non è detto che sia ciò che noi consideriamo come tale secondo la nostra lettura-volontà personale.

Se sentite nascere in voi una risposta all’invito, una chiamata, sono a disposizione.

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