Preferenze

Preferenze

preferenzeConosci quei momenti – di sicuro tra le tue preferenze – in cui alcuni eventi ti rendono soddisfatto e quella soddisfazione emozionale vorresti prolungarla, ripeterla, tenerla stretta? Quei legittimi, umani momenti picco in cui tutto va per il verso giusto e vorresti legarli a te con la colla?

Come un bollettino meteorologico che mette sempre sole, sole e ancora sole, là fuori. Una sorta d’impercettibile indignazione si affaccia non appena il bollettino mette pioggia e scuro. Caspita, anche questa volta succede!

Il sole ha lasciato il posto alla tempesta improvvisa o a quell’uggiosa pioggia umidiccia. Quante volte prendiamo nota che quello stesso tenersi stretta l’emozione alta confluisce nello stringersi al disagio e alla sofferenza?

C’è un saggio detto: tutto passa. Vorremmo tuttavia farlo valere solo nei momenti scuri e dimenticarlo
nelle condizioni favorevoli.
Ecco, non funziona. Pioggia e sole continuano ad alternarsi, te nei sei accorto?

L’estate con i suoi lapilli ci porta fuori, ci spinge alla superficie.
A chi importa il raccoglimento e le scorte dell’autunno?

È come il respiro. Espirando ci svuotiamo. Essenziale quando siamo pieni.
Quanto possiamo svuotarci? A un certo punto inspirare è un sollievo e viceversa.
Dove il presentimento della quiete, della pace, della beatitudine (se pensi che la pace non sia abbastanza)
ti coglie? Tra un respiro e l’altro.
Senza preferenza.

Qualcuno ha chiesto: perché abbiamo bisogno degli ostacoli e della sofferenza, del loro stimolo, per toccare corde profonde? Tra l’altro ostacoli e sofferenza coincidono solo meccanicamente.
Coincidono quando consideriamo la pioggia, l’oscurità, la notte, la confusione… un ostacolo.

Perché abbiamo bisogno di quello stimolo? Chiediamolo alla sera, quando la nostalgia per coloro che amiamo – magari lontani – che è anelito della nostra natura d’amore, si fa più evidente. Quando più facile è sentirsi sfiorati dalla morte e percepire ciò che durante il giorno volentieri abbiamo seppellito nel rumore.

Chiediamolo alla notte sorella dello smarrimento e del dolore – come della pace e finalmente del nostro farsi da parte – chiediamogli di sparire, diciamogli che non abbiamo bisogno di lei, che preferiamo il giorno e che sia il giorno e solo quello a concederci il nostro concitato e grazioso sfarfallare. Notte e giorno sono uno. Chiedere di più o di meno all’una o all’altra ci rende pesci fuor d’acqua.

Tra l’altro, anche tra un respiro e l’altro, si toccano corde profonde.
Magari l’arcobaleno. Quel magico ponte tra pioggia e sole.
E, anche quello passa e, si riassorbe.

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