L’ascolto e la spalla congelata

L’ascolto e la spalla congelata

Talvolta capita di credere così fortemente in un pensiero paralizzante che, letteralmente, una parte del corpo ne riceve l’impulso, congelandosi. Cos’è che paralizza?
La paura. Che non è un mostro.

È anzi un segnale molto sensibile, un linguaggio organicamente funzionale. Come lo so? Restando in ascolto, senza letture risolutive, sotto-significati,  ricette psicologiche, orientamenti.
No, non voglio neanche sapere che cosa dice Hamer. Sarebbe un presumere.

La spalla destra, ancora leggermente congelata, è la mia. Sono più di tre mesi che lascio che dica la sua, utilizzando per lo più rimedi casalinghi, per tenere a bada l’iniziale profondo indolenzimento e l’acuto stato d’infiammazione. Mi espongo. Ascolto. Senza fretta.

A sollecitare il dolore hanno contribuito, soprattutto, alcuni micro-movimenti in leggera sospensione, tra gli altri, l’utilizzo del mouse.
Per questo ho evitato di intrattenermi a questa consolle, per un po’.

Adesso voglio scrivere di lei, del suo lento riscaldarsi. Del suo paziente darmi tempo. Dar tempo ad un ascolto sopito, mancato, poco sensibile.
Sentire non è scontato e accorgermene è sentire, sentire che non sento.
In questa disponibilità accade l’ascolto senza nessuno che provi ad ascoltare. Un ascolto che si fa ampio, come questo vasto corpo vibrante.
Il mouse passa agile dalla mano destra alla sinistra.
Ascolto.

Grazie spalla destra, ciò che mi sussurri è proprio quello che ho bisogno di sentire. La mia presente meditazione.
Grazie intelligenza corporea, corpo di coscienza.

Note:
Tra i rimedi casalinghi: impacco di taro (una sorta di patata che si trova nelle botteghe indiano-africane), massaggio con un unguento di ghi (burro chiarificato) misto a polvere di ginger secco e, il più efficace, un mazzo di ortica a mo’ di spazzola rigorosamente sotto il getto della doccia calda. Sfregare tutto il corpo, in particolare la spina dorsale.

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