Muoviti con la fiamma – un messaggio tantrico ricevuto dal fuoco
Il Natale e la candela. È il festante unirsi di luce e calore.
Il calore, la luce che il calore emana, rendono più caldo e chiaro l’inverno. Che sia il fuoco scoppiettante nel camino, la fiamma languida e mobile della stufa a vista, il muoversi lieve e improvvisamente tremulo della lingua di fuoco di una candela, tutti ci rimandano al movimento vibrante della luce, del calore.
Che cosa muove la fiamma, che cosa l’avvince, la impenna, l’acquieta per poi farla rifulgere di nuovo, frastagliata in due, più fiammelle? Si dice sia l’aria, per quanto tutto nella calma, appaia fermo, non percepibile come forza, sollecitazione. Lo spazio che appare vuoto è tuttavia colmo di frequenza, energia, vibrazione. Abituati a muoverci in modo intenzionale, volontario, più o meno meccanico, raramente prendiamo atto di questo muoversi nell’ampia interiorità del cosiddetto spazio esterno. Un qualcosa che sconfina quel limite ideale tra fuori e dentro. Ideale, perché si tratta di un’idea.
Mi soffermo spesso a rimirare i ceppi che ardono nella stufa, lasciandomi prendere dal loro quieto, “ordinato” ardere. La danza della fiamma, che avvolge in un’ampia spirale il legno – movimento che colgo con paziente e attenta osservazione – è involontaria, arresa, mossa. Il rimirare con occhio fermo il suo movimento stimola la volontà, il coraggio della volontà, quella che mossa, muove, sebbene possa sembrare che si tratti di un atto personale, di un “voglio” premeditato. Questo m’insegna il fuoco, insieme a molto altro.
Posso osservarla la fiamma e posso diventare il movimento luminoso che la rende tale.
Quella di osservare la lingua lucente di una candela è una tecnica di meditazione, forse antica quanto il mondo. Come diventare tutt’uno, invece, con quel calmo, fremente ardere?
Lasciandomi muovere dallo stesso soffio invisibile – visibile nelle forme della sua combustione – che le permette di bruciare.
In piedi davanti alla fiammella di una candela, le membra abbandonate, lascio che il suo lento oscillare sia il mio. All’inizio, abituata a movimenti definiti, plateali, palesi, potrà sembrare immobile e talvolta magari lo è. Assecondo le sue fluide, piccole variazioni. Con la pratica ne colgo – percependola in me – l’immobilità mobile, paradossale quanto intuire che il vero movimento nasce dall’immobilità, talmente vibrante in modo infinitamente capillare, da sembrare ferma. Mi stendo poi supina, a occhi chiusi, per un tempo parallelo (10mn e 10mn – 15 e 15…) permettendo uno scendere e un’integrarsi organico.
Quella piccola fiamma è rigenerante, espansiva, rivitalizzante, maestra di fermezza, come lo è il fare l’amore, quando il circuito di calore-energia che lo muove non è pilotato, strategico, addomesticato a uno scopo.
Buona esperienza e benevolo avvento della nuova luce.
Auguri radiosi, amici lettori.