Il principe azzurro e l’acqua sporca

Il principe azzurro e l’acqua sporca

Dire che il principe azzurro non esiste, basta, fine, è buttare via il bambino con l’acqua sporca

Esce un libro di punta – Il principe azzurro non esiste – con il plauso del pubblico femminile emancipato, sempre in cerca di facili scorciatoie per liberarsi dalle pastoie dei condizionamenti sull’amore e sulle relazioni – per uscirne liberato. Da cosa? Dai trabocchetti del legame? O magari dal legame stesso?
Che tristezza! Che cosa? Questo buttar via il bambino con l’acqua sporca.

Il principe azzurro non esiste nei termini in cui c’è l’ hanno raccontato e a cui abbiamo creduto. Quella è l’acqua sporca.

Basta tuttavia fidarsi e covare l’uovo dei nostri impulsi naturali, lasciarsi guidare dall’intuito dentro il mito – che non è fantasia o pizzillacchere – e si disvelano significati totalmente diversi dalla fiaba medio borghese che è, nel tempo, diventato il racconto mitologico.

Nell’anelito romantico della fanciulla non c’è in sé errore, se lasciato vivere senza pretese e proiezioni incalzate dai dettami e condizionamenti culturali; se non è aggredito dall’egoismo dell’uomo che vuole masturbarsi in lei, sperimentare le sue prestazioni, dominarla con la stessa ipnosi ormonale che lo domina.

In una più vasta coscienza arcaica quell’azzurro è l’espressione del divino nell’umano; dell’immoto, infinito e azzurro cielo dietro la materia cangiante delle nuvole, a cui tanto assomigliano i nostri pensieri. Il blu e l’azzurro sono i colori dell’immenso(cielo-oceano) e dello spirito.

A quale azzurro mi riferisco, dunque?

A quello della pelle di Shiva e di altre divinità indù, per es. che corrispondono, in una visione più ampia, al cavaliere con il mantello(pelle) azzurro e il cavallo bianco (la purezza di percezione), della nostra remotissima mitologia alchemica.

Ponetevi delle domande e ascoltatevi(dentro) prima di scivolare dal copione – il sogno del principe azzurro – al contro copione – il disprezzo di quel sogno, come formichine laboriose in cerca di superficiali colpe, per le loro delusioni d’amore.

Che cosa ha in serbo per il complementare femminile Shakti, il colore azzurro di Shiva?
E che cosa ha da insegnarci davvero il mito della fanciulla “liberata” dal drago?

Quell’azzurro e quel cavaliere, si riferiscono alla volontà di padroneggiare le forze dell’aspetto meccanico e inconsapevole della sessualità – energia base. Celano quella maestria che si è immersa e ha conosciuto il suo funzionamento organico e la sorgente di quel funzionamento. Indicano quell’aspirazione all’integrità, al Cuore, amore di sé che non è narcisismo. Rivelano quella nobiltà che è in grado di amare, accogliendo il limite animale delle forze biologiche, del legame organico, per chiamarli a tenzone, per conoscere la loro natura e trascenderla.

Nel sesso, che sancisce il legame, fa capolino il divino. Se così non fosse la vita troverebbe la sua espressione altrove. In qualche fior di loto o cavolo colorato che sboccia puro, lontano dalla fanghiglia del rapporto sessuale. In quei bassi fondali oceanici, tuttavia, prende forma la vita e il suo mistero. La fanciulla è l’espressione terrena di quel mistero, da esplorare con grazia, con riserbo e venerazione. La fanciulla è Shakti, quel principio dinamico che cala nella materia il nobile intento di Shiva. Shiva che accoglie pazientemente le sue domande per istruire il mondo. L’azzurro è allora farsi purezza, non in qualche ideale modalità, piuttosto purezza di ascolto, di percezione senza memoria e commento, che si da’ senza chiedere per sé, cavalcando, anche, le onde ormonali.

Il principe dalla pelle azzurra è la natura divina nell’uomo comune, l’uomo tantrico, sollevando questa parola da inutili e infantili aspettative. La spada, lo stelo di giada – il pene – affronta per la principessa la voglia cieca – il drago – lasciandone defluire il sangue, i suoi pensieri ossessivi sul sesso – per evitare di penetrarla solo con l’istinto egoico, la libidine, adattandosi invece alle sue “domande” (come Shiva con Shakti) e ai suoi ritmi.
In questo modo il pene si fa strumento d’amore, calamita che libera la vulva e poi la vagina da memorie e tensioni.

Che dite, vogliamo ancora coprire di biasimo questo principe(principio divino maschile), e il nostro sogno malposto?
Sì, là fuori esistono degli uomini nobili e reclamano il nostro rispetto più che la nostra intenzionale seduzione.

Come so di questo Principe Azzurro, del bambino senza l’acqua sporca? L’ho scoperto, facendo l’amore. Dicendo, a un certo punto, NO, al sesso per il sesso, per mancanza, per sete d’emozione, per paura. Costasse pure il rimanere sola.

 

 

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